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Vittorio Alberto Dublino

Le Imprese “amano” la comunità LGBT: diversity management.

In Italia, “quando si parla di amore le barriere verso gli omosessuali si abbassano!”

In questo mese di giugno, il mese LGBTPride, siamo nella fase di preparazione per la produzione del film Ciurè per la regia e la scrittura dell’esordiente Gianpiero Pumo.


L’approccio degli italiani ai temi della comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender (LGBT) è emerso nella ricerca “la Popolazione omossessuale nella Società italiana” condotta dall’Istituto nazionale di statistica-ISTAT tra il giugno e il dicembre del 2011.


Il 65,8% dei rispondenti dichiarava di essere molto o abbastanza d’accordo con l’affermazione secondo la quale “si può amare una persona dell’altro sesso oppure una dello stesso sesso: l’importante è amare”. Solo il 16,2% si dichiara per niente d’accordo.


Il sondaggio, su un campione di 7.725 italiani (tra i 18 e i 74 anni), ha rilevato che circa il 2,4% della popolazione si dichiarava apertamente omosessuale o bisessuale, il 77% eterosessuale, lo 0,1% transessuale, il 4,9% come “altro”, il 15,6% non ha risposto.

Un sondaggio esteso per includere tutte le persone che durante la loro vita sono state attratte o si sono innamorate di una persona dello stesso sesso, o che hanno avuto rapporti omosessuali, aumenta la percentuale fino al 6,7% della popolazione: più uomini che donne, più settentrionali che meridionali, più giovani che persone anziane si identificavano come gay o lesbiche.

Il 61,3% dei cittadini tra i 18 e i 74 anni ritiene che in Italia gli omosessuali sono molto o abbastanza discriminati, l’80,3% che lo sono le persone transessuali.

Appare generalizzata la condanna di comportamenti discriminatori: il 73% è in totale disaccordo con il fatto che non si assuma una persona perché omosessuale o non si affitti un appartamento per lo stesso motivo.


La maggioranza degli intervistati (il 62,8%) è d’accordo con l’affermazione “è giusto che una coppia di omosessuali che convive possa avere per legge gli stessi diritti di una coppia sposata”. Il 43,9% con l’affermazione “è giusto che una coppia omosessuale si sposi se lo desidera”.

Negli ultimi decenni, il sostegno all’omosessualità nella società è aumentato considerevolmente (Ghaziani, Taylor e Stone 2016 ).


Molte società occidentali hanno rafforzato l’idea di riconoscere parità di diritti e opportunità per i cittadini omosessuali. Mentre per le imprese la comunità LGBT si rivela un segmento di mercato con un notevole potere d’acquisto. Ad esempio il potere d’acquisto collettivo tra tutti gli americani LGBT è stato stimato in quasi 1 trilione di dollari nel 2017, rivaleggiando così con il reddito disponibile di tutti gli altri gruppi minoritari americani (Chesney 2017).


Il crescente supporto per la comunità LGBT e il potere d’acquisto collettivo di questo gruppo ha dunque innescato l’interesse di esperti di marketing e inserzionisti nel mercato gay e lesbico.


Molte aziende nelle società occidentali come gli Stati Uniti, attualmente, utilizzano pubblicità con immagini omosessuali, ovvero pubblicità con testimonial lesbiche o gay (ad esempio, coppie dello stesso sesso) o altre iconografie gay o lesbiche, come un triangolo rosa o una bandiera arcobaleno (Angelini e Bradley 2010 ).


In una pubblicazione, Political Attitudes and Behaviors of LGBT People in the United States, l’estensore della ricerca Patrick Miller rileva che: “… sondaggi specificamente sulle persone LGBT suggeriscono importanti differenze tra uomini gay, lesbiche e bisessuali nel modo in cui vedono le loro identità come persone appartenenti alla comunità LGBT e nel modo in cui percepiscono come le persone LGBT si inseriscono nella società moderna.

Sondaggi esistenti possono fornire una panoramica descrittiva della comunità LGBT americana e del loro orientamento politico. Dal punto di vista demografico, coloro che si identificano come gay, lesbiche o bisessuali nei sondaggi dalla metà alla fine degli anni 2010 tendono ad essere più giovani, sproporzionatamente femminili, meno impegnati religiosamente, numericamente sono un po’ meno bianchi, più istruiti e con un reddito leggermente inferiore di quelli che si identificano come eterosessuali. Dato come queste inclinazioni demografiche siano mappate alle moderne divisioni politiche, non dovrebbe sorprendere che gli americani LGBT si sentino più liberali e democratici di altri nei loro orientamenti politici. Quando emergono differenze tra gli americani LGBT e non LGBT nei loro atteggiamenti ai problemi sociali, gli intervistati LGBT nei sondaggi tendono costantemente verso opinioni più liberali.”


Ciò vuol dire che affermare che tutti gli appartenenti alle comunità LGBT siano necessariamente ideologicamente di sinistra, potrebbe essere una falsa presunzione.

Nella stessa ricerca, infatti, si evidenzia: “(…) Tuttavia, è importante sottolineare che questa apparente inclinazione verso sinistra non sempre posiziona in media le persone LGBT sul lato liberale delle questioni, né significa che gli intervistati LGBT e non LGBT si trovino nel complesso necessariamente, rispetto alle loro tendenze ideologiche politiche, in opposizione tra loro poiché spesso la differenza tra loro è il loro grado di liberalismo collettivo. Pertanto, la natura di queste differenze tra gruppi dipende da una specifica questione politica o dall’insieme delle questioni in esame”

Un’altra recente ricerca, LGBTQ Imagery in Advertising, How Viewers’ Political Ideology Shapes Their Emotional Response to Gender And Sexuality in Advertisements pubblicato su JAR-Journal of Advertising Research, sembra confermare indirettamente il falso comune pregiudizio: “Le risposte dei consumatori alle immagini LGBTQ negli annunci mostrano un “pregiudizio omo-genere” fortemente influenzato dall’ideologia politica”


L’Amicizia LGBT cresce nelle imprese: il diversity management LGBT

Sono trascorsi 47 anni da quando la comunità LGBT boicottò la produttrice della birra Coors per le sue discriminazioni di genere che adottava nelle sue politiche aziendali.


Qualche anno fa la CNN Business in un articolo di Gregory Wallace descriveva come alcune aziende e marchi di spicco affrontano le questioni LGBT; da azioni politiche e personali da parte di amministratori delegati di imprese di alto profilo, alla pubblicità dei prodotti fino alle politiche di diversity management intraprese sul posto di lavoro.

Negli ultimi dieci anni, sono molte le aziende che hanno dimostrato di voler anticipare le politiche pubbliche nel garantire pari diritti ai loro dipendenti lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT).

L’Organizzazione non-profit HRC-Human Right Campaigns pubblica ogni anno il Corporate Equality Index , che fornisce uno strumento di benchmarking nazionale sulle politiche e le pratiche aziendali relative ai dipendenti LGBT negli Stati Uniti. L’indice viene anche utilizzato per determinare il livello di amicizia gay di un’azienda. Il report di quest’anno evidenzia il record di 767 aziende americane che hanno soddisfatto tutti i criteri per ottenere una valutazione del 100%, con la designazione dell’impresa di essere uno dei “migliori posti di lavoro per l’uguaglianza LGBTQ“.

Per ottenere valutazioni di alto livello, i datori di lavoro adottano misure concrete nell’attuare politiche, benefici e pratiche globali che garantiscano una maggiore equità per i lavoratori LGBTQ e le loro famiglie. I criteri di classificazione dell’indice hanno quattro pilastri chiave:

  • Politiche di non discriminazione tra le entità aziendali;

  • Benefici equi per i lavoratori LGBTQ e le loro famiglie;

  • Sostenere una cultura inclusiva; e

  • Responsabilità sociale delle imprese.

Le principali aziende americane hanno messo in campo una gamma di programmi di coinvolgimento per i loro mercati di destinazione e le comunità in cui operano come pubblicità, impegno nelle politiche pubbliche, diversità dei fornitori, filantropia e sponsorizzazione.


Ed in Italia?

Come fa riflettere l’Associazione italiana Parks: “secondo stime molto prudenti dell’OMS, le persone della comunità LGBT sono almeno il 5% della popolazione mondiale: questo significherebbe che più di un milione dei ventitré milioni di persone che lavorano in Italia è omosessuale, bisessuale o transessuale.”


Se ragioniamo tra i numeri della menzionata ricerca Istat, è molto probabile che il numero di chi ha affinità con i temi LGBT è molto maggiore, se consideriamo quanti tra il 15,4% effettivamente “non si dichiarano” non volendo rispondere alle domande degli intervistatori; oppure tra quel 4,9% che risponde: ‘altro’.


Sono almeno dieci anni che si è costituita l’Associazione Parks Liberi ed Uguali che raccoglie tra i suoi associati importanti aziende italiane gay friendly. Parks evidenzia che anche in Italia un numero crescente di aziende, non solo grandi e non solo straniere, ha cominciato a chiedersi “se non fosse opportuno cominciare a lavorare su adeguate politiche per le risorse umane che anche senza dipendere dalla leva monetaria potessero motivare e coinvolgere tutto il personale aldilà delle differenze”

Ed ecco che anche nel nostro paese finalmente le aziende iniziano a dimostrare una spiccata sensibilità al tema dell’Amicizia Gay & LGBTQ. Parks “aiuta nel comprendere e realizzare al massimo le potenzialità di business legate allo sviluppo di strategie e buone pratiche rispettose della diversità.”


Il marketing gay friendly e la pubblicità LGBT

Le aziende americane spendono miliardi di dollari ogni anno per comunicare con i membri della comunità LGBT, perché si sono accorti che costituiscono una significativa quota dei loro mercati. Più di recente, le società hanno iniziato a prendere posizioni pubbliche che sostengono la parità di trattamento delle persone LGBT ai sensi della legge. Sebbene non siano ancora molte le ricerche di marketing che fanno l’analisi sulle modalità e sugli effetti delle attività di marketing operate dalle imprese sulla popolazione (target) LGBT inteso come mercato unificato, utilizzando dati demografici e informazioni sull’identità sociale, le prime ricerche identificano un mercato importante, con differenze tra uomini gay e lesbiche, rivelando importanti informazioni che possono iniziare a dare coscienza alle imprese su come prendere decisioni di spesa per attuare strategie di promozione e di segmentazione quando ci si avvicina al mercato dei consumatori gay.


I risultati di alcune ricerche di settore suggeriscono quanto sia importante che le aziende evitino di trattare i consumatori gay come un gruppo con preferenze e percezioni monolitiche. Il sesso o l’identità di un individuo riferito alla comunità gay ha un impatto significativo sulle percezioni della gay friendly riferite alle varie attività aziendali.


Sebbene siano state pubblicate ancora poche stime attendibili riferite a questo mercato, e dunque il marketing per la comunità LGBT incontra ancora ostacoli di natura statistica, possiamo sicuramente stimare che non sia trascurabile per un’azienda il voler essere attenta ai cambiamenti sociali in atto, pertanto essere anche attenta ai quei mutamenti che riguardano e che, sicuramente, possono influenzare il suo mercato potenziale, incentivandola a segmentare la propria comunicazione anche su questo target specifico.


Perché è evidente il crescente interesse da parte degli operatori di marketing al mercato gay e lesbico, dovuto non solo al crescente sostegno della comunità generale per la comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender, ma anche al notevole potere d’acquisto di questo gruppo.


Di conseguenza iniziano ad aumentare le aziende che hanno già sviluppato (o sono in procinto di farlo) pubblicità con immagini omosessuali per indirizzare meglio questo gruppo ai loro mercati.

In Consumer Responses to Homosexual Imagery in Advertising: A Meta-Analysis (Journal of Advertising, 48-2019-4) leggiamo: “la dimensione dell’effetto integrato suggerisce che l’effetto persuasivo netto tra le immagini omosessuali ed eterosessuali non differisce. Troviamo, tuttavia, che i consumatori omosessuali mostrano risposte negative alle immagini eterosessuali. Inoltre, l’analisi del moderatore suggerisce che l’incongruenza tra immagini, caratteristiche del consumatore, valori culturali, esplicitezza delle immagini, genere del testimonial e tipo di prodotto si traduce in risposte sfavorevoli alle immagini pubblicitarie omosessuali. Questi risultati forniscono linee guida per ricerche future e implicazioni per gli inserzionisti che intendono rivolgersi a consumatori di vari orientamenti sessuali.


Sebbene in passato le immagini omosessuali nella pubblicità siano state tradizionalmente confinate a mercati di nicchia, oggi appaiono sempre più spesso nei media mainstream rivolti a consumatori sia omosessuali che eterosessuali (Read, van Driel e Potter 2018).


Diversi esempi pratici indicano che l’utilizzo di immagini omosessuali nella pubblicità che si rivolge a consumatori sia omosessuali che eterosessuali può avere successo; ad esempio, il negozio di mobili svedese IKEA ha pubblicizzato con successo cucine con coppie gay e quindi ha aumentato l’attrattiva dei loro prodotti per i consumatori sia omosessuali che eterosessuali (Oakenfull, McCarthy e Greenlee 2008 ).


La campagna dell’orgoglio 2014 di Burger King, che presentava il Proud Whopper servito in un involucro color arcobaleno su cui era stampata la frase “Siamo tutti uguali dentro”, ha ricevuto risposte estremamente positive su tutte le piattaforme di social media (Snyder 2015)”

Forbes nel 2018 pubblica un articolo che dichiara che le aziende che fanno annunci pubblicitari LGBTQ inclusivi, possono aumentare le vendite fino al 40%.


In alcune nazioni, si iniziano a riconoscere con specifici premi le migliori campagne pubblicitarie LGBT, come ad esempio il British LGBT Award, che hanno l’obiettivo di mettere in luce i migliori modelli di comportamento e quelle organizzazioni che lavorano instancabilmente per migliorare le esigenze delle comunità LGBT.

Principali categorie di prodotto nel marketing LGBT



Nuovi dati da Google e YouTube mostrano che i messaggi sulla diversità e l’uguaglianza per la comunità LGBT hanno un impatto diffuso sui marchi. I marchi sono ritenuti responsabili non solo della qualità dei loro prodotti e servizi ma, sempre più, della loro posizione sui problemi politici e sociali che i consumatori di oggi devono affrontare. Ciò è particolarmente vero quando si tratta di pubblicità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Secondo un sondaggio sui consumatori di Google dell’agosto 2014, sempre più attenzione è focalizzata sulla parità di diritti per la comunità LGBT, in particolare, l’uguaglianza del matrimonio e la diversità sul posto di lavoro, sta influenzando il modo in cui i consumatori prendono le decisioni. Ciò è particolarmente vero tra i giovani; oltre il 45% dei consumatori di età inferiore ai 34 anni afferma di avere maggiori probabilità di fare affari ripetuti con un’azienda LGBT-friendly, dopo 7 anni questa percentuale si conferma e in alcuni casi si incrementa. Di questi, oltre il 54% afferma anche che sceglierebbe un marchio incentrato sull’uguaglianza rispetto a un concorrente.


Le principali categorie di annunci pubblicitari destinati al target LGBT includono viaggi; servizi finanziari; bevande alcoliche; automotive; intrattenimento; cura dei capelli, della pelle e più generalmente health & wellness; beni di lusso; prodotti farmaceutici e la moda.

Ad esempio, secondo quanto si afferma in una ricerca EURISKO il volume di affari generato nel turismo LGBT si aggira intorno ai 2.7 miliardi di euro, mentre nel mondo è stimato in 100 miliardi di dollari.

Tuttavia secondo alcuni spingere troppo su esplicite campagne LGBT potrebbe rendere nervoso qualche esponente della Comunità.


Congruenza con un prodotto

La letteratura scientifica nel campo del marketing LGBT, ci delinea prospettive di congruenza che suggeriscono: “la persuasività dipende dall’adattamento del prodotto con l’immaginario percepito dai consumatori (Knoll e Matthes 2017 ).


Ancora in Consumer Responses to Homosexual Imagery in Advertising, leggiamo: “i consumatori omosessuali sono spesso associati ad uno stile di vita agiato, sontuoso e alla moda (Braun, Cleff e Walter 2015 ) che comportano il consumo di prodotti edonistici ad alto coinvolgimento ed edonistici. In particolare, gli uomini gay sono spesso visti come “intenditori del consumo” (Yaksich 2008 ). Personaggi e personalità gay di vari programmi TV fungono da esperti e punto di riferimento per i consumatori per estrarre conoscenze sull’arredamento della casa, sulla cucina, sulla moda e sulle forme di intrattenimento. Quindi, le immagini omosessuali sono percepite come più congruenti a prodotti ad alto coinvolgimento, edonistici e di lusso, quindi più persuasivi.”


Già nel 2014, dopo solo due anni dalla campagna di Tiffany, l’azienda Findus faceva apparire, per la prima volta anche in Italia, una pubblicità con un plot che narrava “un giovane ragazzo che organizzava un pranzo con la mamma e il proprio coinquilino dove dichiarava alla famiglia la propria omosessualità”, sdoganando così per la prima volta il tema per una narrazione creativa a scopi pubblicitari in una programmazione televisiva italiana. E già Ikea lo aveva timidamente fatto tre anni prima, anche se non ancora “osando” in televisione, ma pubblicando per un suo punto vendita siciliano lo slogan “Siamo aperti a tutte le famiglie”. Ma questi sono stati i primi timidi esempi di pubblicità LGBT inclusiva.


Il marketing LGBT negli Stati Uniti risale a più di quindici anni fa e lì sta diventando consuetudine. In Europa, nonostante il Times pubblicò nel 2006 il potenziale interesse delle imprese europee alle tematiche, e nonostante già dieci anni fa furono elaborate da molti governi strategie nazionali LGBT, il marketing LGBT è ancora un fenomeno relativamente nuovo.



Ma all’improvviso ha iniziato ad aprirsi in maniera preminente la Finestra di Overton sui temi LGBTQ+, di conseguenza il dibattito pubblico e politico nel mainstream. Quindi all’improvviso anche le Imprese, prima quelle europee ed ora anche molte italiane hanno ripreso in esame il tema ritenendolo strategico per lo sviluppo dei loro business.




Molti marchi che in precedenza hanno voluto ignorare l’esistenza di questo importante segmento della società ora iniziano a rivolgersi sempre più ai clienti LGBT.


Un tempo, si era solito dire che per attecchire fuori dall’America alcuni trend socio-culturali ci volevano diversi anni. Oggi non è più così. Le nuove tecnologie per l’informazione funzionano da veloci cinghie di trasmissione dei pensieri da un continente all’altro, riducendo drammaticamente i tempi necessari affinché nuove idee trasformino all’improvviso le opinioni culturali all’interno di una nazione. Tutto si accelera a livello globale.

Ma dobbiamo fare attenzione, in un articolo apparso sulla Reuters nel 2019, Oliver Rieche co-presidente di Prism, la rete londinese LGBT+ dello studio legale Reed Smith, dichiara: “Sono un po’ combattuto”, ha detto, un avvocato con sede a Londra, “perché da un lato è buono, fa spargere la voce sul Pride, sulle cose LGBT (…) Ma sento che parte del mondo delle imprese ha iniziato a dirottare sul il movimento Pride, voglio valutare le loro azioni tra un po’”.


Attivisti di Conoscenza, mercanti di lungimiranza.

Notizie con nuove informazioni specifiche, nuove conoscenze su temi ed argomenti dell’innovazione che possono facilitare il change management non rientrano spesso nel dominio delle Conoscenze di massa. Sono sempre più numerose ricerche e studi che riportano quanto sia importante anche nel management aziendale l’Attivismo di Conoscenza (knowledge activism), che è inteso come quello strumento utile a facilitare l’accettazione di nuovi paradigmi e l’apprendimento di nuove conoscenze necessarie a creare ed implementare l’Innovazione aziendale e lo sviluppo di nuovi business. Già nei primi giorni di avvio delle nostre attività di ricerca di sostenitori, ci siamo trovati di fronte a resistenze d’ordine culturale che dimostravano nell’interlocutore una insufficiente conoscenza del fenomeno.


Un caso esempio per tutti, eclatante, è quello che riporta un vecchio articolo sull’Huffington Post sulla “gaffe sull’omofobia”: Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca …’ Era il 25 settembre del 2013 e Guido Barilla rispondeva così, ai microfoni di Radio24, ad una domanda sul perché l’azienda non avesse ancora dato spazio agli omosessuali nei propri spot. L’intervista causò una pioggia di polemiche, da parte delle associazioni gay friendly e di esponenti del mondo politico e dello spettacolo. Mentre i clienti più affezionati minacciavano di non comprare più la pasta, Barilla iniziava il suo percorso di ‘redenzione’. Un viaggio che l’avrebbe portata, in poco tempo, ad ottenere un punteggio perfetto dalla Human Right Campaign”


Concludendo

I risultati dello studio pubblicato l’anno scorso, LGBTQ Inclusion in Advertising and Media di GLAAD e Procter & Gamble rivelano che “i consumatori non LGBTQ guardano con favore alle aziende che includono persone LGBTQ nella pubblicità. Lo studio rileva anche che l’esposizione alle persone LGBTQ nei media aumenta la buona percezione dei consumatori non LGBTQ con le persone LGBTQ nella loro vita quotidiana.P&G pubblicherà un nuovo film sull’impatto della pubblicità inclusiva LGBTQ, nonché le migliori pratiche per garantire una rappresentazione equa e accurata della comunità LGBTQ nella pubblicità con GLAAD e l’Associazione degli inserzionisti nazionali statunitensi.


Sarah Kate Ellis, presidente di GLAAD (la più grande organizzazione mondiale di difesa dei media per lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer LGBTQ) afferma: “I risultati di questo studio inviano un messaggio forte alle aziende ai loro marchi e ai media: l’inclusione delle persone LGBTQ in pubblicità, film e TV fa bene agli affari e fa bene al mondo (…) Durante la pandemia di COVID-19, quando il consumo dei media è in forte aumento e quando i media fungono da ancora di salvezza per le persone LGBTQ in isolamento, le aziende dovrebbero riconoscere che ora è il momento giusto per aumentare la qualità e la quantità delle persone LGBTQ nella pubblicità. C’è ancora del lavoro significativo da fare data la storia di pregiudizi nella rappresentazione LGBTQ, ma leader come Procter & Gamble stanno alzando il tiro e portando altri potenti marchi sul tavolo della Parità dei Diritti per Tutti.


Sebbene i risultati di questo studio mostrino progressi positivi, c’è ancora un lavoro significativo che deve essere fatto per garantire che le aziende e i marchi includano le persone LGBTQ nelle loro pubblicità e nel marketing per la comunità LGBTQ in modi autentici, positivi e di forte impatto.


Auspichiamo di incontrare aziende che vogliano intraprendere questo cammino insieme a Difesa Civile 4.0 e Compagnia del Marketing nell’advertainment sociale, iniziando dal sostegno alla Produzione del film Ciurè.



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